Allegri saluti a voi. E piacere di conoscervi. Anzi, benvenuti a bordo del convoglio Tegamini diretto al Salone del Libro di Torino. Quest’anno Trainline ha deciso di affidarmi un valente compito: esplorare il Lingotto e tornare a casa con un valigino pieno di consigli di lettura.

Dopo un corroborante viaggio a bordo di una carrozza silenziosa – il primo di un’esistenza a lungo piagata da un indefesso pendolarismo –, a cui è seguito un ritorno altrettanto ricco di pace e benessere, è arrivato il momento di riordinare gli appunti e i ricordi di quest’edizione salonesca. A Torino sono approdati parecchi autori che ho letto con gioia in questi mesi  e che mi sento di continuare a consigliare con l’entusiasmo dei primi giorni, ma il cartellone degli appuntamenti (a tratti quasi ingestibile per ricchezza e densità temporale) mi ha regalato anche preziose sorprese e piacevoli riconferme.
Direi di procedere con baldanza, facendoci sostenere da agili paragrafetti “monografici” rigorosamente disposti in ordine casuale.

Ho finito di ascoltare l’audiolibro di Tutte le ragazze avanti – curato per Add Edizioni da Giusi Marchetta – in metropolitana, mentre andavo in stazione con una valigia piuttosto invalidante. Diciamolo: è il periodo dei libri “femministi”. E per fortuna, diamine! Molti testi sul tema ci arrivano in traduzione (pensiamo a Roxane Gay o a Chimamanda Ngozi Adichie, tanto per citare un paio di nomi arcinoti), ma cos’abbiamo da dire noi, oggi, in Italia? Giusi Marchetta ha invitato undici autrici – tra blogger, ricercatrici, giornaliste, scrittrici ed esperte di cultura più o meno “pop” – a raccontare il proprio percorso di donne e femministe. Il risultato è un mosaico di prese di coscienza, punti di svolta, riflessioni autobiografiche, interrogativi sul mondo e sguardi che includono, dubitano, criticano e costruiscono. Perché sì, c’è ancora molto da fare. Ma se cominciamo a pensarci insieme è possibile che un bel pezzettino di strada si riesca a percorrerlo. A testa alta, senza sentirci da meno.

Di donne ho parlato anche con Alessia Gazzola, che al Salone ha presentato Lena e la tempesta, un nuovo romanzo uscito per Garzanti dopo il lungo e fortunatissimo filone dell’Allieva. Con Lena abbandoniamo i commissariati e la medicina legale (e anche la formula della serialità), ma non il gusto per il mistero, l’enigma e una scrittura che continua a confermarsi vivace e felicissima. Custode, suo malgrado, di un segreto inconfessabile, Lena torna sull’isola siciliana dove tutto è cominciato, scatenando una reazione a catena che toccherà vecchie conoscenze e ne avvicinerà di nuove. Una protagonista imperfetta e complessa, che cerca di venire a patti con la superficie incrinata che offre al mondo… senza aspettare (evviva!) che arrivi qualcuno a salvarla.

Sul fronte J. D. Salinger, invece, non ci sono ancora novità annunciabili. Ma Matt, il figlio del grande (e riservatissimo) scrittore americano, si sta dando da fare. Dopo il ritiro ufficiale dalle scene, Salinger non ha mai smesso di scrivere e la sua eredità letteraria rivedrà la luce relativamente presto. Mentre attendiamo che il lavoro di curatela ci doni i suoi frutti – Matt Salinger, nello splendido incontro che l’ha visto protagonista insieme a Loredana Lipperini, ha dichiarato che “non possiamo aspettarci niente nei prossimi tre anni. Ma entro i prossimi dieci sì” – vale la pena dedicarci a un ripasso. Oltre al Giovane Holden – la nuova traduzione di Matteo Colombo è uscita nel 2014 -, ricorderei con trasporto anche Franny e Zooey, Nove racconti e Alzate l’architrave, carpentieri.

 Bao Publishing ha festeggiato al Salone i dieci anni di attività, con una serie interminabile di disegnetti allo stand da parte di TUTTI i volenterosi autori e un panel collettivo di raro divertimento che ha coinvolto firme storiche come Zerocalcare e reclute più recenti - da Daniel Cuello a Capitan Artiglio. Leo Ortolani, dopo Cinzia, ha presentato anche la nuova edizione “espansa” di Due figlie e altri animali feroci, che racconta l’esperienza di adozione internazionale delle sue due formidabili bambine. Auguri, Bao!

Gary Shteyngart ha concluso la nostra chiacchierata per Destinazione America (Guanda) fotografandomi le scarpe da ginnastica perché, a quanto pare, dalle sue parti le Gazelle non sono ancora tornate di moda. Da fan di ormai antica data, poter chiacchierare con lui rimarrà una delle conquiste più alte di questo Salone. E anche uno dei divertimenti più folli. Il romanzo racconta il disfacimento di una famiglia di milionari di Manhattan. Il marito, Barry, gestisce un hedge-fund prossimo al collasso e la moglie, Seema, sembra essersi rassegnata al ruolo di “trophy wife” nonostante una blasonata laurea e la scarsa attitudine a fare la bella statuina. Nel mondo dei nuovi ricchi non c’è spazio per l’America reale (già Brooklyn pare una destinazione troppo misera e aliena, figuriamoci il resto) o per scale di valori che non contemplino i soldi come unica unità di misura. Orologi perfetti, case perfette, mogli perfette, carriere perfette e figli perfetti. Shiva, il bambino di tre anni di Barry e Seema, però, è ben diverso dai rampolli altrui, che sin dall’asilo nido vengono preparati per approdare con più facilità in un college della Ivy League. Su Shiva pesa una diagnosi che manderà in frantumi il rapporto già fragile dei suoi genitori. Entrambi, con modalità diverse ma altrettanto illusorie, architetteranno un piano di fuga. E falliranno, a intermittenza, in maniera spettacolare.
Ecco, tanto per dire due cose su Destinazione America... che HBO trasformerà pure in una serie tv con Jake Gyllenhaal. Boom!

Visto che non ho ancora finito di sbobinare l’intervista, però, punterei a creare un agile diversivo, ripescando due testi apprezzatissimi dalla sottoscritta e altrettanto ben accolti dal pubblico del Lingotto: I racconti delle donne – a cura di Annalena Benini – e Essere una macchina di Mark O’Connell.

Avevo costruito un calendario ambiziosissimo, ma il Salone è anche gironzolare, perdersi, chiacchierare, fare la coda per un panino, ritrovare colleghi, arrendersi di fronte alla folla oceanica in attesa di Alberto Angela, frugare nelle tonnellate di volumi in vendita al Libraccio – e assistere al ritrovamento di una prima edizione della Storia infinita -, fingersi giovani e andare a una festa (o a un paio di feste), fendere la calca, sbagliare a vestirsi, sbirciare le sportine di tela degli altri, cercare del caffè, non fare in tempo. In sintesi, si rimbalza di qua e di là e ci si lascia ipnotizzare strada facendo da una storia, come nel Gioco del mondo (capolavoro di Cortázar) che ha prestato il nome, e anche molto del suo spirito, all’edizione del Salone di quest’anno. Nonostante l’impossibilità oggettiva di sintetizzare così tanto in uno spazio relativamente snello, Spero di aver fornito qualche suggestione utile… sia per i viaggi in treno che per i viaggi con la testa. Ci vediamo nel 2020, amato Salone!